Gruppo Folkloristico

Alle origini della tradizione contadina musicale di Montecosaro – Intervista sul FARO DI ROMA

Pubblicato da il feb 9, 2021 in News |

 

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Alle origini della tradizione contadina musicale di Montecosaro con il libro Un Salto nel Folklore de Li Matti de Montecò

Li Matti de Montecò

Il libro Un Salto nel Folklore – Li matti de Montecò edito da Giaconi Editore è stato scritto da due fondatori del gruppo storico di musica tradizionale di Montecosaro, Li Matti de Montecò, Monia Scocco e Claudio Scocco. La formazione, che ha alle spalle una storia fatta di tradizioni tramandate di padre in figlio, si propone di recuperare e trasmettere anche alle nuove generazioni le tradizioni popolari che hanno accompagnato la vita degli antenati del paese, facendole conoscere anche ai più piccoli. Lo scopo dei membri è far rivivere e conoscere Montecosaro nell’aspetto della sua vita quotidiana di un tempo ormai lontano, quando non esistevano ancora la frenesia e lo stress della modernità ma soltanto la dura fatica dei campi, ricompensata dall’enorme energia sprigionata poi nell’aia, dove le persone mangiavano, bevevano e ballavano fino a notte fonda. In un’accurata raccolta di brani, frutto di un attento lavoro di ricerca, Li Matti de Montecò hanno recuperato i canti rituali di questua della cultura orale marchigiana del territorio in cui vivono, contribuendo alla rivitalizzazione e diffusione di questa.
Anche il libro intende creare delle condizioni fertili per la ripresa delle tradizioni e degli usi locali a lungo dimenticati riscoprendo e portando di nuovo in primo piano le radici e la cultura di Montecosaro. L’opera intende far rivivere il messaggio della danza, della musica, dell’espressione popolare dell’anima marchigiana e mettere a disposizione dei più giovani questa eredità per diffonderla fra i contemporanei.
Gli spettacoli de Li Matti de Montecò si rifanno alla povera società contadina del Diciannovesimo secolo. Tutti i brani del repertorio si basano su musiche e coreografie originali dell’epoca. Durante lo spettacolo i balli sono intervallati da vivaci canti popolari, stornelli a braccio, canti di questua: parlano della terra marchigiana e delle vicende quotidiane della vita di un tempo. Il ballo più caratteristico è il Saltarello, sensibilmente diverso nel ritmo e nella musica nei vari paesi della regione. È il ballo di corteggiamento per eccellenza, dove l’uomo cerca in ogni momento di avvicinarsi alla donna, la quale inizialmente si sottrae facendosi desiderare, ma poi si riavvicina mostrando di gradire le galanterie del suo pretendente. Le altre danze tipiche sono: la raspa, la castellana, la gajinella. Sono eseguiti pure balli di provenienza straniera ma ben saldi nel repertorio classico marchigiano: il valzer, la quadriglia, la polka, la monferrina, la tarantella, la mazurca, la manfrina.
I costumi, sgargianti e colorati, sono riprodotti su modelli originali risalenti ai primi del Novecento. La donna indossa i “mutandoni”, le mutande bianche, sotto l’ampia gonna denominata “varnellu”, ornata con pizzi e merletti colorati, una camicia bianca e accollata, con un’apertura laterale pieghettata, una collana di corallo rosso; sulle spalle, ripiegato a triangolo, lo scialle colorato con frange; sul davanti “la parannanza”, il grembiule, e il busto, dotato di stecche su cui risaltano pizzi, merletti e passamano bianco. L’uomo indossa pantaloni neri; un “corpetto” (una sorta di gilè corto in vita, spesso usato sbottonato) sopra ad una camicia bianca o grezza, di lino o di cotone; una fascia rossa in vita e un fazzoletto sul collo, che un tempo veniva usato per asciugare il sudore durante il lavoro nei campi, ed infine un cappello di paglia per ripararsi dal sole.
Gli strumenti che accompagnano i canti e i balli sono: fisarmonica, organetto, tamburello, cembalo, nacchere, “caccavella”, “rana”, “triccheballacche”, “violino dei poveri”, “raganella”, tutti strumenti artigianali, poveri e tipici della realtà contadina e paesana di questi luoghi.
Il lavoro di ricerca del libro rispetta il modo con cui venivano intonati i canti rituali di una volta, seguendo lo svolgimento calendariale dell’anno agricolo, in quanto erano strettamente connessi e legati al ciclo della natura che nasce, muore e risorge. Ogni lavoro agreste aveva le sue melodie. Questi brani rievocano le situazioni nella famiglia colonica ed i lavori tipici di un tempo, come la mietitura (canto a metetò o de lo mète), la trebbiatura (canti de lo vàtte), la fienagione (cantu a fienatò), la vangatura (canto a vangatò), la vendemmia (canto de lo velegnà), lo “scartoccia” o scartocciatura del grano (la raccolta del granoturco), lo “velegnà” (la vendemmia), lo “fienà” (la tagliatura del fieno), la zappatura, la semina, la raccolta delle olive, quando si andava sul biroccio (un veicolo a due ruote per trasportare oggetti – candu a viròcciu) e le feste sull’aia che avevano luogo dopo una giornata di fatica, oltre ad alcune tra le feste tipiche come la “Pasquella”, il “Cantamaggio”, i canti di Natale, Carnevale, Passione, Ascensione, Assunzione.
I “canterini” e le “cantarinelle”, i suonatori d’organetti “li sonarì”, i bravi ballerini erano i beniamini di ogni festa: il saper cantare, il saper suonare l’organetto, il saper danzare era considerato un pregio. Tali canti, sorti spontaneamente in funzione dell’opera stessa, non hanno alcuna attinenza con i lavori svolti, ma parlano d’amore. Avveniva spesso che al canto di un isolato contadino facesse eco lontana una voce da un altro campo: era come un parlarsi, un tenersi compagnia. Si tratta del cosiddetto “canto a vatoccu”.
Molti erano i momenti di festa nella vita del contadino, legati al calendario religioso e al ciclo produttivo dei campi. Ricchissimo è il patrimonio orale di canti, melodie, filastrocche che gli anziani del gruppo de Li Matti de Montecò hanno tramandato. Era anche una occasione per i giovani della contrada per conoscersi e magari intrecciare rapporti confidenziali.

Monia Scocco con il libro Un Salto nel Folklore a Smerillo (FM)

Informazioni sull’autrice
L’autrice del libro Monia Scocco ha cominciato a ballare il saltarello a dieci anni, ereditando prima dal nonno e poi da suo padre la passione per le tradizioni popolari. Dal 2007 è l’insegnante di ballo del gruppo Li Matti de Montecò, oltre ad essere cantante e suonatrice di organetto. È da sempre impegnata nella diffusione, riscoperta e valorizzazione della tradizione musicale e folclorica marchigiana tra le nuove generazioni. A gennaio 2018 ha ricevuto a Messina il prestigioso riconoscimento V.I.C.T. (Valore Identificato Cultura Tradizionale) da IOV Italia (Organizzazione internazionale di arti popolari) per la migliore esecuzione di brano musicale con strumento tradizionale, l’organetto, tipico marchigiano, in un saltarello cantato in occasione della Rassegna Nazionale di Musica Popolare. Da diversi anni è la vice presidente della F.I.T.P. Federazione Italiana Tradizioni Popolari della regione Marche e realizza progetti nelle scuole d’infanzia, scuole primarie di vari paesi della zona tra il Maceratese, il Fermano e l’Anconetano con l’obiettivo di diffondere, riscoprire e valorizzare la tradizione musicale popolare marchigiana attraverso l’insegnamento di canti e balli popolari. Ha partecipato anche a numerose trasmissioni televisive per emittenti nazionali (Rai3, Rai2, Rai1) e locali (Tg3Regione, È tv Ascoli Talent Sciò, VeraTv, Tvrs, Tv Centro Marche, ecc.).

Storia del gruppo Li Matti de Montecò
Il gruppo folkloristico “Li Matti de Montecò” di Montecosaro è nato nel gennaio 2007 su iniziativa di alcuni giovani, mossi dal desiderio di promuovere, valorizzare e mantenere vive le tradizioni popolari marchigiane. La tradizione folkloristica marchigiana si fonda sulla società contadina del Diciannovesimo secolo, economicamente molto povera e dalle rare occasioni di svago e divertimento. Alcuni componenti hanno fatto parte negli anni Settanta – Ottanta del rinomato, ma ormai estinto, gruppo “Val di Chienti”. “Li Matti” è il nome simpatico e scherzoso con cui vengono chiamati gli abitanti di Montecosaro. Infatti il gruppo ha preso nome da un antico detto popolare: “A Montecò chi non è matto non ce lo vò e chi non è matto bè, non ce lo vò pè ‘gnè”. Questo risale al periodo della peste quando si tramanda che Montecosaro accolse tutti gli sfollati dentro le proprie mura e la leggenda con il passare degli anni è rimasta viva, tanto da venir riproposta ogni qual volta si menziona questo simpatico appellativo.
Il gruppo è composto da circa trenta elementi, dai tre agli ottant’anni e dal 2009 è affiliato alla F.I.T.P.(Federazione Italiana Tradizioni Popolari), che comprende più di trecento gruppi folklorici nazionali. Li Matti de Montecò hanno ricevuto diversi riconoscimenti nazionali. Nel 2015 al presidente del gruppo Claudio Scocco è andato il prestigiosissimo riconoscimento di “Padre del Folklore: persona benemerita delle Marche”, nel 2018 Monia Scocco, insegnante di ballo del gruppo, ha ricevuto il primo premio per la migliore esecuzione di brano musicale con strumento tradizionale a Messina. Nel 2019 il gruppo ha partecipato alla Prima Giornata Nazionale del Folklore e delle Tradizioni Popolari a Roma istituita dal Consiglio dei Ministri, alla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri Conte e la sindaca Virginia Raggi. Il gruppo ha anche realizzato la prima edizione del progetto “Alle Radici delle Marche”, nato dalla loro collaborazione con la scrittrice marchigiana Giulia Ciarapica (autrice di Una volta è abbastanza), con il patrocinio del consiglio Regionale delle Marche, nell’intento di unire la varietà e la ricchezza delle eccellenze enogastronomiche, letterarie, culturali del territorio marchigiano in una sola giornata per permettere alle Marche di arrivare oltre i confini regionali.
Li Matti de Montecò si sono esibiti in varie regioni italiane (Lazio, Abruzzo, Toscana, Campania, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria, Veneto) e hanno partecipato a manifestazioni folkloriche nazionali ed internazionali, a scambi culturali con città europee. Il gruppo rallegra anche feste popolari in piazza, sagre, castagnate, mietiture, trebbiature, congressi, matrimoni, compleanni, cerimonie, eventi e manifestazioni varie.
Li Matti de Montecò organizzano da qualche anno il FolkLore Festival a Grottazzolina (FM) con la collaborazione dell’associazione Papa Giovanni XXIII, che racchiude tutte le arti popolari delle Marche divise in diverse categorie. Collaborano anche con scuole d’infanzia ed elementari di Maceratese e Fermano per progetti legati a danza e musica popolare. Si sono anche esibiti per le popolazioni terremotate di Marche, Umbria e Lazio.
Dal 2011 Li Matti de Montecò ha un mini-gruppo bambini di età compresa tra i tre e i dodici anni con un suo spettacolo.